Lotta alla plastica? Come sta andando?
Uno dei temi che più ha coinvolto le ragazze e i ragazzi occidentali durante l’anno appena concluso è quello dei cambiamenti climatici e un più generale interesse verso le tematiche ambientali. La lotta, prima solitaria poi sempre più coinvolgente di Greta Thunberg e del suo movimento Fridays For Future ha rinvigorito il dibattito sulle tematiche ecologiche.
L’impegno di Greta e di FFF ha fatto sì che questi argomenti entrassero nelle agende politiche di istituzioni e partiti. Anche se troppo spesso come semplice slogan o vaga linea di principio.
A livello istituzionale siamo all’ennesimo nulla di fatto, certificato dal fallimento della COP25 di Madrid.
Sostanzialmente il consesso si è arenato nel decidere sull’implementazione dell’articolo 6 della Conferenza di Parigi (quello che regola il finanziamento sulla riduzione delle quote di carbonio).

Lotta alla plastica: fuoco alle polveri
Su altri fronti di interesse ambientale si sono però certificati alcuni passi avanti, in particolare per ciò che riguarda la riduzione delle plastiche.
Il 27 marzo 2019 il Parlamento Europeo ha approvato una direttiva che vieta i prodotti di plastica monouso dal 2021, assestando una prima bordata nella lotta alla plastica.
Tra questi prodotti figurano piatti e posate, bastoncini, cannucce e simili.
Sono inclusi anche i prodotti in polistirene espanso e in plastica oxo-degrabile, quest’ultima bocciata senza appello dalla relazione della Commissione UE che ha fatto da base per la direttiva.
Questa relazione dice, testualmente: “non esiste alcuna prova definitiva a sostegno degli effetti benefici della plastica oxo-degradabile sull’ambiente“, dunque “in presenza di indizi che fanno piuttosto supporre il contrario, e tenuto conto delle asserzioni fuorvianti formulate a uso dei consumatori, che potrebbero accentuare la pratica dell’abbandono dei rifiuti nell’ambiente, occorre prevedere l’adozione di misure a livello di Unione. Pertanto, nell’ambito della strategia dell’Unione sulla plastica, sarà avviato un processo volto a limitare l’uso dell’oxo-plastica nell’Unione.“
La normativa UE partirà dal 2021 in modo da consentire ai produttori di individuare materiali idonei a sostituire quelli vietati. Secondo il rapporto Plastics: the fact del 2017 il settore plastico rappresenta il settimo settore industriale europeo per fatturato.
Si parla di oltre 60.000 aziende nell’Europa a 28 e 335 miliardi di euro di giro d’affari e 35 miliardi destinati al pubblico in tasse e misure di welfare.
Life in plastic. Letteralmente: i produttori
Inutile dire che dai produttori stessi sono partite numerose rimostranze sulla decisione di bannare le plastiche.
In Italia tra l’altro abbiamo giocato d’anticipo nella nostra lotta alla plastica, con misure come il divieto per i sacchetti della spesa monouso.
Pro.mo, il gruppo di produttori parte di Unionplast, segnala come il settore della plastica monouso rappresenti una parte importante della produzione industriale italiana.
Il settore ha un export notevole destinato a tutto il mondo.
I produttori si oppongono al ban sostenendo che il problema dell’inquinamento da plastiche monouso arrivi soprattutto dalla diseducazione dei consumatori e mettendo in evidenza alcune differenze tra la normativa nazionale già approvata e quella europea.
La posizione assunta dai produttori certifica due cose.
La prima è la conferma che il ban effettivamente funziona.
La seconda è la constatazione di come cambiare le abitudini dei consumatori sia molto più efficace quando si agisce sul sistema produttivo.
Si tratta però di trovare un equilibrio che permetta di attuare una transizione socialmente equa e senza rischi per i lavoratori.
Un mondo più pulito, l’adattamento e la lotta ai cambiamenti climatici passano anche dalla diffusione di consapevolezza nei cittadini e da una maggiore giustizia sociale, in cui il “greening” della società e della popolazione possano contribuire alla ridistribuzione del benessere sia in senso geografico che tra gli strati sociali.
Se infatti il modello di vita “sostenibile” è accessibile a pochi, oltre a non raggiungere risultati tangibili sul fronte della riduzione dell’impatto ambientale della nostra società, non si fa altro che attuare un vero e proprio Greenwashing sociale.
Quali sono le prospettive?
Insomma a una prima lettura sembrerebbe che la lotta alle plastica si stia avviando a una soluzione, lasciando aperte alcune questioni. Rimarrà ad esempio da chiedersi come si ridurranno le plastiche già presenti in ambiente, se ci sarà e quale sarà l’impatto occupazionale della crisi del comparto plastico che colpirà soprattutto l’Italia e come questa filiera si reinventerà. Inoltre, quale sarà l’impatto dei nuovi prodotti monouso?
Mettere in prospettiva più ampia il tema ci fa però realizzare come gli sforzi del nostro e di tutti i Paesi europei non siano che una piccola parte di quello che dovrebbe essere l’impegno per la risoluzione del problema. Il 95% della plastica dispersa nei mari e negli oceani non è trasportata da fiumi europei, il che porta automaticamente a pensare ancora una volta che solo con un impegno globale e coordinato si potrà avere un cambiamento effettivo.
Toccherà a noi, toccherà alla consapevolezza dei cittadini e alle future classi dirigenti. Toccherà a noi rivedere in po’ anche i nostri bisogni e la cultura del superfluo che ha contraddistinto i consumi degli ultimi decenni.
Intanto, nello Stato di Vanuatu, a sud del Pacifico, è stata implementata una delle normative più stringenti al mondo sulla riduzione delle plastiche. Un Paese indubbiamente avvantaggiato dall’essere importatore di materie plastiche dall’estero, ma che si confronta più di altri con i danni dell’inquinamento e del climate change. Guarda il video cliccando al link sotto:
https://www.bbc.com/reel/video/p07l0ftg/what-happened-after-this-nation-banned-plastic-
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