Un nuovo appuntamento a tema sportivo del nostro Mattia Lasio. Di nuovo atletica leggera, di nuovo corsa, di nuovo la sua terra, la Sardegna: un’altra intervista a uno di quei personaggi che con il loro contributo prima nei campi e poi fuori riescono a tenere acceso e vivo il movimento sportivo locale. È un pezzo di storia di un’isola, sì, ma parte di una dinamica presente in tutto il nostro paese dove l’apporto di tanti campioni durante e dopo la loro carriera assicura costanza e ricambio al movimento.

La corsa è metafora dell’esistenza: da sempre e sempre così sarà. La corsa aiuta a crescere, conferisce responsabilità, impone dei sacrifici, comporta umiltà,  dedizione e silenzio. Ma, cosa ancor più importante di tutto e tutti, la corsa è una passione, che ci si porta avanti perpetuamente, nella quotidianità come nei campi di gara e di allenamento, in qualsiasi fase della esistenza. Giuseppe Lai è stato uno degli esponenti più autorevoli e talentuosi del mezzofondo sardo, capace di ottenere risultati di assoluto prestigio come la vittoria ai Campionati italiani di corsa campestre nel 1980 presso l’Ippodromo Le Bettole di Varese durante la sua permanenza nella categoria allievi, oltre che validi riscontri cronometrici quali 1.52.50 negli 800m, 3.50.10 nei 1500m, 14.34.30 nei 5000m. Tempi di tutto rispetto che, seppur con i se e con i ma non si vada da nessuna parte specialmente nella atletica, sarebbero potuti essere decisamente migliori, date le qualità fisiche e atletiche del mezzofondista nato e cresciuto in quel di Dolianova, comune di circa novemila abitanti del Sud Sardegna.

Una vita di corsa: Giuseppe Lai al traguardo di una gara all'impianto CONI di Cagliari

Sport e corsa: una metafora della vita

300 gare vinte, 1 metro e 73 centimetri di altezza, 64 chilogrammi di peso, una corsa elastica e caratterizzata da una volata che hanno permesso al mezzofondista classe 1964 di ‘’dettar legge’’ in svariate gare tattiche. «L’atletica – esordisce Giuseppe Lai – è letteralmente la mia vita, oltre che la mia passione più grande, che mi porto appresso da quando ho mosso i primi passi nelle campagne e negli sterrati di Dolianova nel lontano 1978. Non sarei io senza l’atletica, che per me ha rappresentato non solo competizione e agonismo, ma un momento di svago e di divertimento unico. Ancora oggi, a distanza di tanti anni e tanti chilometri, al termine di una giornata lavorativa il momento dell’allenamento per me rappresenta una fase importante e ricreativa, come quando ero ragazzo, non è cambiato niente da quel punto di vista per il sottoscritto. Sono state tante le fasi importanti della mia carriera sportiva: sicuramente, non posso non menzionare la mia vittoria in occasione dei campionati italiani allievi di corsa campestre del 1980 presso l’Ippodromo Le Bettole di Varese – specialità che ho sempre amato e nella quale sono sempre stato favorito sia dal punto di vista muscolare che tecnico – che fu sicuramente un giorno molto felice e impossibile da scordare, sia per me che per il mio allenatore di allora, il brillante studioso Riccardo Solinas. La partenza fu caotica e rimasi abbastanza indietro, tanto che al primo chilometro dei cinque complessivi mi trovavo intorno alla cinquantesima posizione, per poi rimontare progressivamente sino alla prima posizione. La mia fu una gara intelligente e tutta in rimonta, una gara improvvisata, una gara per certi versi ‘’romantica’’ e non programmata a tavolino. Una gara contraddistinta dalla voglia di dire la mia, dalla gioia nel correre e da tantissimo entusiasmo. Una gara che mi vide battere futuri numeri uno dell’atletica nostrana (e non solo) come Angelo Carosi – decimo al traguardo – e Lambruschini, tredicesimo. Anche il responso cronometrico fu non certo malvagio, dato che terminai i 5000m corsi su terreno campestre in quindici minuti e trentatré secondi».

Una vita di corsa: la classifica del Campionato Italiano Individuale di Corsa Campestre di Varese 1980, categoria allievi maschile

Crescere con i “grandi”

«Dopo che Riccardo Solinas per questioni lavorative smise di allenarmi – prosegue Giuseppe Lai nel corso dell’intervista realizzata nella mattina di giovedì 21 maggio – passai sotto la guida del Professor Nardino Degortes, uno dei migliori allenatori di sempre per ciò che concerne il mezzofondo e il fondo e una persona molto importante per l’evoluzione atletica del sottoscritto e di tanti altri ragazzi di elevata caratura quale, giusto per citare un nome noto, la bravissima e pluricampionessa italiana Sara Palmas. Con Nardino ho avuto l’opportunità di crescere ulteriormente, realizzando tutti i miei personali, oltre che di confrontarmi con atleti di gran classe e caratura quali Giorgio Pisano, Mauro Lenzu, Franco Deriu, Silvia Pili, Davide Cadoni e tanti altri. Uno degli allenamenti cult che ci faceva svolgere ‘’il Prof’’ si teneva la domenica ed era costituito dal fondo veloce – circa 7 chilometri – con il finale in salita, orientativamente si trattava dei 3000m conclusivi, presso Poggio dei Pini. La mia gara preferita e maggiormente adatta alle mie caratteristiche era indubbiamente quella dei 1500m dove mi sono tolto delle belle soddisfazioni che ancora oggi ricordo con piacere e un pizzico di orgoglio. Penso, ad esempio, quando durante una finale nazionale dei campionati societari in quel di Latina, feci miei proprio i 1500m grazie ad una violenta progressione finale gli ultimi 150 metri, nei quali lasciai dietro atleti come un tale Santamaria, in grado di correre i 3000 metri indoor sotto gli 8 minuti, tempo eccellente e che pochi a livello italiano sono in grado di realizzare».

Una vita di corsa: Giuseppe Lai con la maglia dell'Esperia

«I 1500m – conclude Giuseppe Lai – sono stati la mia delizia ma anche la mia croce e il mio rammarico, perché sono consapevole che avrei potuto fare decisamente meglio. Ho sbagliato nel prendere parte a troppe gare su strada dove era presente un buon compenso economico, ‘’sacrificando’’ di conseguenza le competizioni in pista e un miglioramento del responso cronometrico che, alla fine, come ben si sa è ciò che conta e ciò che rimane nella biografia di uno sportivo che pratica l’atletica leggere. Avrei dovuto cercare il miglioramento del mio personale, tenendo in considerazione la possibilità, formativa e fondamentale per la crescita di uno sportivo, del confronto con i migliori specialisti della specialità presenti in tutta Italia. Gareggiare fuori dalla nostra Isola, la Sardegna, può rivelarsi un qualcosa di proficuo sia dal punto di vista agonistico che dal punto di vista mentale: può permettere, psicologicamente e sportivamente, di fare quel salto di qualità tanto agognato da buona parte degli atleti aventi alle loro spalle una certa esperienza e determinati risultati».

Una vita di corsa: Giuseppe Lai al Trofeo Città di Assemini

Una passione che resta negli anni

Giuseppe Lai è uno di quegli esponenti di spicco di una fase della atletica sarda felice e caratterizzata da sfide appassionanti e da prestazioni di rilievo. Una fase che, nonostante le difficoltà e i dubbi, può ritornare e regalare nuovamente qualcosa di pregevole e bello. Ma ciò che conta davvero, a prescindere dal talento, dalle caratteristiche fisiche e tecniche, è il fatto che a distanza di oltre quarant’anni dal suo esordio e dalle prime sfide, Giuseppe Lai non ha perso quella passione, quel trasporto verso la corsa e quella luce negli occhi che accompagna chiunque ha messo piede in una pista d’atletica e in essa ha trascorso anni della propria esistenza. Anni indimenticabili e speciali, capaci di donare insegnamenti e lezioni preziosissime per affrontare non solamente un 800m, un 1500m e via dicendo, bensì la quotidianità, con le sue difficoltà, i suoi imprevisti e i suoi colpi di scena con cui – chi più chi meno – si trova prima o poi a fare i conti.

Chi la fa la legga

Mattia Lasio, cagliaritano classe 1995, è un laureato in lettere moderne. Appassionato di sport col sogno di diventare giornalista. Attualmente scrive per la testata GP Report. Gestisce il blog sportivo di corse tappe e qualcos’altro e quello di attualità La consuetudine che aspetti. Cura per il blog di Run Polito la rubrica sportiva “Chi la fa la legga”

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Immagine in evidenza: Foto da University of Delaware Blue Hans

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