L’Italia è tornata alle urne. In alcune regioni abbiamo assistito alle votazioni per gli organi di regione e in tutta Italia al voto per il Referendum confermativo per definire il taglio dei parlamentari. Sappiamo tutti il risultato, per alcuni positivo, per altri un po’ meno, ma in tutto questo rimane una costante che nel corso degli anni non è mai cambiata: che fine fanno i voti degli studenti fuorisede?
Prima di addentrarmi in dettagli tecnici voglio raccontare la mia esperienza che mi ha permesso di votare per il referendum da Torino, dove abito ormai da anni per motivi di studio.
Solo un modo, diventare rappresentante di lista
Fine sessione di Settembre, inizio a cercare un modo per poter esprimere il mio voto, essenziale per considerarsi un cittadino attivo del proprio Paese. Inizia la mia ricerca di comitati che mi permettano di essere “Rappresentante di lista” e quindi, poter votare anche fuori dal mio comune di residenza situato a 1400 km di distanza, circa, da Torino.Trovato il comitato, vado a ritirare la delega dall’altro lato della città. La delega però deve essere consegnata al seggio prima delle votazioni, per essere valida. Sabato mi dirigo verso il seggio percorrendo una tratta, solo andata, durata 40 minuti di autobus, purtroppo era l’unico seggio disponibile per poter votare. Lunedì, sfruttando l’affluenza minore, ripercorro i 40 minuti di autobus e finalmente in cuor mio sono felice di poter votare. Felicità che però prima passa da una trentina di firme da dover mettere e iter burocratici infiniti da dover attuare considerata “l’anormalità” della situazione.
Un racconto entusiasmante, riassunto in poche righe ma durato diversi giorni, diverse ore e diversi km, che potrebbe prestarsi bene ad un set di Sorrentino per descrivere la volontà d’animo che uno studente fuorisede deve avere, al giorno d’oggi, in Italia, per poter esprimere il diritto al voto che gli spetta come cittadino di questo Paese.
Il fatto è, purtroppo, che non molti riescono ad accedere a tale opportunità e pochissimi riescono a recarsi nel proprio comune di residenza per votare.
Voto ai fuorisede: una questione di civiltà
In questi ultimi anni, secondo dati dell’ “Osservatorio Talents Venture”, il 27.4% degli iscritti universitari frequenta un corso di laurea in una regione diversa da quella di residenza. Negli ultimi cinque anni, gli studenti fuori sede sono sempre cresciuti ad un tasso medio annuo del 2,7%. Inoltre, il 36% degli iscritti ad un corso di laurea magistrale lo frequenta fuori regione.
I dati su citati, ci fanno apparire chiaro il messaggio che non si può più sottovalutare il “problema” del voto fuorisede. Negli ultimi anni si è cercato di tamponare con ridicoli sconti su prezzi maggiorati di alcune compagnie di trasporto aereo e ferroviario, ma mai si è voluto pensare di affrontare il problema nello specifico.
Per questo motivo chiediamo al governo, alla luce anche del risultato del passato Referendum, di definire una legge elettorale che includa anche noi, studenti fuorisede. Non può esistere un paese che, nel 2020, non riesca a garantire ad un ragazzo di poter esprimere il proprio pensiero alle urne elettorali. Non può esistere un paese che pensi al futuro, ma che trascuri completamente lo studente universitario.
Non so se questo articolo potrà segnare la fine di questo assurdo problema che ci attanaglia da ormai troppi anni. Ma sicuramente so che ci faremo sentire e che lotteremo per i nostri diritti, perché si, votare è un dovere e lo Stato deve garantirne il diritto a tutti. Solo quando ogni cittadino sarà libero di esprimere la propria opinione e di usufruire delle urne elettorali per concretizzarla, avremo la vittoria totale della Democrazia.
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Immagine in evidenza: Rielaborazione da un fotogramma de “La Grande Bellezza“, Paolo Sorrentino 2013
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