Vi siete mai chiesti il motivo per cui esista una giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne e non sugli uomini? Vi siete chiesti perché esista un termine specifico come “femminicidio” e non un corrispettivo maschile? Vi siete mai chiesti cosa spinga così tante persone a scendere in piazza e manifestare durante questa ricorrenza?

Se vi siete posti questi interrogativi, sappiate che sono tutte domande lecite e che tutte quante trovano risposta.

Oggi è giovedì 25 novembre e com’è ben noto dai più la giornata di oggi è dedicata all’eliminazione della violenza sulle donne o violenza di genere. Ma queste due espressioni sono equivalenti? Ovvero, quando parliamo di violenza di genere, ci riferiamo solo ai tipi di violenza basata sul genere perpetrate da uomini a discapito delle donne, o anche viceversa? Essa è una questione delicata da analizzare, dal momento che per violenza di genere si intende quel tipo di violenza che ha come movente principale (o unico movente) la discriminante del genere, quindi nel caso in questione la violenza diretta ad una donna proprio perché donna. Ci si può facilmente rendere conto di come sia difficile “catalogare” senza ambiguità ogni espressione di violenza, anche nei casi in cui ciò è apparentemente banale, in quanto spesso le dinamiche sociali sono (molto) più complesse di quanto ci appaiano. A tal proposito ci giungono in soccorso i dati: il peso statistico delle due “tendenze” è davvero molto sproporzionato. Proprio per questo motivo siamo soliti confondere il concetto di “violenza di genere” con “violenza (di genere) sulle donne”, benché le due espressioni non siano esattamente equivalenti.

Per quanto riguarda l’utilizzo del termine “femminicidio” (e in alcuni casi anche il suo abuso), c’è una precisazione ancor più stringente da fare. La parola femminicidio NON è in alcun modo equivalente all’espressione “omicidio di una donna”, nella maniera più assoluta. La prima definizione che troverete su Google sarà la seguente: <<Qualsiasi forma di violenza esercitata sistematicamente sulle donne in nome di una sovrastruttura ideologica di matrice patriarcale, allo scopo di perpetuarne la subordinazione e di annientarne l’identità attraverso l’assoggettamento fisico o psicologico, fino alla schiavitù o alla morte>>. Osserviamo che è stato praticamente necessario coniare questo termine per riassumere un fenomeno che purtroppo è insito fino al midollo della nostra società malata. Solo in Italia, da gennaio 2021 fino a pochi giorni fa, abbiamo avuto 57 casi accertati di donne vittime di femminicidio (fonte: https://femminicidioitalia.info/lista/2021) e decine di migliaia di casi di violenza (reati di minaccia, lesione personale e percosse in ambito familiare).

Ma i casi di violenza domestica sono “unilaterali”? Stiamo forse sottintendendo che in contesti casalinghi siano sempre e solo le donne a subire violenza? Assolutamente no. Sono stati condotti numerosi studi che hanno evidenziato come la percentuale di donne che esercita violenza sul proprio partner uomo sia leggermente superiore dell’opposto.

Ci vedete un controsenso per quanto detto finora? Non c’è. La giornata contro la violenza sulle donne non esiste solamente in virtù dei “numeri” dei casi di violenza. Ma si staglia contro un modello sbagliato e ormai superato di società patriarcale, laddove per patriarcato si intende un sistema sociale che vede gli uomini detenere principalmente il potere e predominare in ruoli di leadership politica, autorità morale, privilegio sociale e controllo della proprietà privata (fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Patriarcato_(sociologia)). Questo meccanismo si estende e agisce “nel piccolo” delle cucine e delle stanze da letto, rimarcando, giorno dopo giorno, il ruolo di despota dell’uomo di cui è succube la donna da cui ha origine un iter ben strutturato di violenza, che comincia e si sviluppa sempre nello stesso identico modo e purtroppo ha spesso lo stesso epilogo. Si comincia con dei primi segnali di gelosia e insofferenza da parte dell’uomo nei confronti dell’autonomia della donna, percorre più e più livelli di violenza sia fisica che psicologica e giunge al punto di non ritorno: la denuncia? La rottura del rapporto (raramente pacifica), o l’omicidio?

Si dà il caso però che questo fenomeno non sia alla base della totalità dei fenomeni di violenza contro “le minoranze” (termine che a volte fa riferimento anche alle donne nonostante costituiamo all’incirca il 50% della popolazione terrestre). Perché, se così non fosse, non avrebbe motivo di esistere la violenza domestica contro gli uomini in generale, né tantomeno contro qualsiasi “minoranza”. Ciò purtroppo vuol dire che i fenomeni di violenza di genere sono una parte del totale, e far notare che anche le restanti parti esistono (da cui l’esistenza di altre giornate contro la violenza ad esse dedicate) non vuol dire sminuire né l’una nell’altra. Non esiste uno schieramento “femminismo vs maschilismo”, donne contro uomini, uomini e donne contro minoranze. E chi pensa che sia così, perché delle estremizzazioni sbagliate e fuorvianti (il cosiddetto “femminismo deviato” o “nazi-femminismo”) glielo hanno fatto credere, dovrebbe informarsi di più e fermarsi un attimo a riflettere.

Femminismo NON è desiderare ardentemente un’inversione di tendenza. Il femminismo è rivendicazione della PARITÀ e per questo motivo serve tanto agli uomini quanto alle donne. Per rifuggire dalle logiche di possesso e sopraffazione del proprio partner/ex e non, l’unico antidoto efficace davvero è l’educazione al rispetto. Diversamente da ciò che molti pensano, l’educazione non è qualcosa che si riceve solo da bambini. Ci possiamo educare ogni giorno, l’esempio positivo degli altri ci educa e ci insegna tanto quanto il nostro può essere determinante per gli altri. Vediamola così, potrebbe anche salvare una vita.