Le giornate mondiali, al di là del loro oggetto specifico, sono un’occasione per fare il punto della situazione. In occasione di questa Giornata internazionale dei migranti 2021, il dato complessivo ci dice che il 96,4% delle persone continua a vivere dove è nato, mentre a spostarsi è il 3,6%, circa una persona su trenta, come sottolinea l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) nell’ultimo rapporto mondiale sulle migrazioni (World Migration Report), relativo alla situazione dei migranti nel 2020.

Dall’economia alla cultura, sino allo scambio di conoscenze fra popoli, la migrazione è uno dei fenomeni che riesce a rappresentare al meglio sfide, obiettivi e speranze della contemporaneità.
La Giornata odierna ha l’obiettivo di rendere coscienti i cittadini sul significato delle migrazioni e su ciò che le rende così emblematiche nella nostra percezione del mondo.
Ma quali sono stati gli effetti del Covid-19 sulle migrazioni? La pandemia ha influito sulla libertà di movimento. Da un lato chiusure delle frontiere, isolamento e restrizioni hanno reso più difficile spostarsi: secondo l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), nel 2020, 11,2 milioni di persone sono state costrette a lasciare per la prima volta il proprio Paese (mentre sono 82,4 milioni in totale). Si tratta di un milione e mezzo di persone in meno rispetto a quanto prospettato prima della pandemia.
Allo stesso tempo il Covid-19 ha reso più difficile, a chi avrebbe voluto e potuto farlo, tornare nella terra d’origine. Sempre secondo l’Unhcr, il loro numero continua a diminuire: sono stati 251 mila, il terzo valore più basso registrato negli ultimi dieci anni.
L’emergenza sanitaria ha influito negativamente anche sulle procedure di accoglienza e riconoscimento: sfollati, rifugiati e richiedenti asilo sono stati in molti casi bloccati alle frontiere o nei centri di accoglienza.
Non bisogna dimenticare però gli effetti sulle migrazioni di altre condizioni, già note ma non per questo meno influenti. Come le dinamiche geopolitiche: mentre la guerra costringe molti ad abbandonare i propri territori, le tensioni fra Paesi mettono in pericolo la cooperazione internazionale.
Anche gli eventi climatici estremi, i disastri e le trasformazioni ambientali continuano a colpire milioni di persone: in particolare l’Africa subsahariana e l’India sono vittime di una siccità prolungata, mentre ci sono state tempeste tropicali devastanti nei Caraibi, in Africa meridionale e nel Pacifico, oltre a incendi catastrofici in California e Australia, come riporta l’organizzazione in difesa dei diritti umani.
Ultimi, in ordine tempo, sono gli approfondimenti relativi alla situazione alla frontiera fra Polonia e Bielorussia, dove migliaia di persone sono costrette a rimanere accampate al confine a temperature sotto lo zero, e la Rotta balcanica (con i migranti che restano bloccati, per esempio, in Bosnia, cercando di evitare la violenza della polizia croata).
Ma le situazioni critiche sono un po’ in ogni parte del mondo, dall’Italia (con i cosiddetti centri di permanenza per il rimpatrio), all’America Latina, in particolare in Messico dove centinaia di migliaia di migranti tentano disperatamente di superare il confine con gli Stati Uniti, rischiando persino di venire arrestati, ai massicci movimenti interni in Africa o in Asia.
Inoltre, a morire nel 2021 nel Mediterraneo sono state 1.665 persone (quasi 23 mila dal 2014), 121 quelle in viaggio verso altri Paesi europei, 1.126 verso il continente americano, 1.254 verso l’Africa, 89 verso l’Asia occidentale e 249 verso il resto di questo Continente. Insomma, si tratta di un’immane tragedia umanitaria.

Perché si celebra questa giornata proprio il 18 dicembre? La Giornata internazionale del Migrante, che ricorre proprio oggi, è stata istituita nel 2000 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite.

La scelta del 18 dicembre si deve al fatto che quello stesso giorno di dieci anni prima (1990) l’organismo aveva approvato la Convenzione Internazionale sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie, per prevenirne lo sfruttamento e stabilirne le condizioni minime di riconoscimento e accettazione a livello globale. Entrata in vigore nel 2003, tuttavia, essa non è stata ancora ratificata dall’Italia.